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La poesia che prese il posto di un monte

Articolo di Carlo Bordin

Era là, parola per parola,
La poesia che prese il posto di un monte.

Ne respirava l’ossigeno

Persino quando il libro stava voltato nella polvere del tavolo.

Gli ricordava come avesse avuto bisogno

Di un luogo da raggiungere nella direzione sua,

Come avesse ricomposto i pini,

Spostato le rocce e trovato un sentiero fra le nuvole,

Per arrivare al punto d’osservazione giusto.

Dove sarebbe stato completo di una completezza inspiegata:

La roccia esatta dove le sue inesattezze

Scoprissero infine la vista che erano andate guadagnando

Dove potesse coricarsi e, fissando il mare in basso,

Riconoscere la sua casa unica e solitaria.

Wallace Stevens

Era là…

Con solo due parole si stabilisce una distanza di tempo e di spazio: era, passato, come dislocazione. Il soggetto è qua e di là stava qualcosa: si costituisce una distanza tra l’autore e la poesia.

Parola per parola

Perché non è là la poesia ma “parola per parola”? Perché la poesia è composta da elementi, da una gradualità da una successione di eventi, di cose: la totalità è fatta da parti, da una sequenza di fatti distinti fra loro. Era là… Parola per parola, si avverte in poche parole la pregnanza poetica, non solo concetti ma un mondo: distanza temporale, distanza fisica, sequenza di eventi che determina la totalità di una realtà; la poesia che prese il posto di un monte. La sequenza parola per parola, distante era là, avvicenda una presenza globale, totale ed immediata: il monte. Una realtà costituita, fatta di parti, lontana, sostituisce una realtà vicina fatta complessivamente da una entità unica. Si passa dalla dimensione fisica ad una dimensione concettuale. Si è introdotti nella differenza tra poesia e monte.

Ne respirava l’ossigeno

Che cosa è respirare? Il respiro movimento interiorizzato, complesso, non volontario, indispensabile, profondamente avvolto alla vita, stabilisce con la poesia un rapporto intimo, diretto ed immediato. Per il poeta la relazione con la poesia non ha un carattere epico ed eccezionale, è una esperienza continua, costante, quotidiana, consueta.
Che cosa respirava? L’ossigeno.
Perché non l’aria? Cosa distingue l’ossigeno dall’aria?
Mentre l’aria è una miscela l’ossigeno ne è un componente, l’elemento vitale; l’ossigeno come quintessenza dell’aria, sostanza che permette il respirare. La poesia ha quindi la capacità di emanare l’essenza fondamentale, silenziosa pura, inavvertita.

Persino quando il libro stava voltato nella polvere del tavolo.

Non c’è uso di parole insolite o che escano dal lessico ordinario.
Qui si hanno: parole, poesia, monte, ossigeno, tavolo, libro, polvere;
questo mondo parallelo il poeta lo costruisce attraverso le cose quotidiane, non ha bisogno di altri concetti, di terminologie o costruzioni grammaticali sofisticate. Lo costruisce con le cose che lo circondano; questa “finzione suprema” è fatta dalle stesse identiche cose del mondo consueto.
Invertendo Persino quando il libro stava voltato nella polvere del tavolo ne respirava l’ossigeno. Provando ad immaginare il libro voltato sul tavolo coperto dalla polvere. Cosa c’è nel libro capovolto? Perché è capovolto? Perché il libro è aperto, altrimenti non sarebbe voltato. E’ aperto su una poesia che si é letta, ritenuta importante ma che si vuole rammemorare, quindi si lascia aperto, in una posizione di quiete, di attesa, di attesa prolungata per via della polvere, ma predisposto al “volo”, alla lettura. Nonostante questo stato di abbandono ma di attesa, il libro emana il suo ossigeno, la poesia continua ad essere, purché il libro sia aperto, anche se voltato, abbandonato, e anche se non si consulta, perché sopra c’è la polvere, la poesia continua ad emanare il proprio valore, l’ossigeno. Se il libro non ci fosse o il libro non fosse voltato, non ci sarebbe alcuna intenzione poetica, la poesia rimane un riferimento, anche se momentaneamente messo da parte, che continua ad erogare il silenzioso elemento vitale. Come alcune sostanze aromatiche allo stato solido, la poesia, contenuta nel libro capovolto, sublima in un’ascesa al di là del limite, sub-limen, senza essere letta, non attraversando i sensi, saltando lo stato liquido della parola giunge direttamente allo stato aeriforme, la dimensione interiore.

Gli ricordava come avesse avuto bisogno
Di un luogo da raggiungere nella direzione sua,

La poesia è indispensabile per la scoperta del luogo da raggiungere, è il ricordo della poesia che orienta le intenzioni e permette l’individuazione della propria direzione verso cui andare, la poesia diventa per l’indicare e per la capacità di indicare e di fare rammemorare luogo artificiale da costruire che va a sostituirsi al luogo fisico del monte.

Come avesse ricomposto pini,
spostato le rocce e trovato un sentiero tra le nuvole,

In questo “mondo della finzione suprema” è possibile, per costituire il nostro mondo, intervenire in sostituzione della natura, ricomposto i pini; agire in violazione della natura, spostato rocce; operare in modo completamente estraneo alle leggi della natura, trovato un sentiero tra le nuvole.
Si manifesta un progressivo allontanamento dal reale per affermare la impossibilità, l’individuazione di un sentiero tra le nuvole è definitiva rappresentazione della poesia che si sostituisce al monte. Pini, rocce, nuvole, ricomporre, spostare trovare, annunciano l’allentamento della fisicità e della tangibilità, pini e rocce possono essere toccati ed eventualmente spostati, lo nuvole possono essere solamente osservate ed i sentieri tra di esse immaginati. L’immaginazione prevale ed i sensi si attenuano.

Tutto questo perché?
Per arrivare al punto di osservazione giusto rispetto a cosa è giusto e cosa permette di vedere il punto giusto? E’ giusto per ciò che si vede? E’ giusto per chi osserva? Cosa è possibile percepire da quel punto? E’ proprio da lì che si raggiunge la inesplicabile completa completezza di sé. Il punto di osservazione è giusto proprio perché permette di vivere la inspiegabile completezza, è la inspiegabile completezza che permette di individuare la giustezza del punto di osservazione, il punto di osservazione è giusto in quanto fa conoscere una completezza inspiegabile non determinata dalle cose “reali” ma dalle cose appartenenti al “mondo della suprema finzione”, il mondo della poesia, dello stato immaginario non predeterminabile. Quando si vive “lo stato completo di una completezza”? Quando l’esatto e l’inesatto convivono nella roccia, quando le differenze si conciliano, quando la roccia ha in se stessa la totalità.

Scoprissero infine la vista che erano andate guadagnando, l’esattezza e l’inesattezza delimitano il vedere, costituiscono il confine all’interno di cui si avverte un modo diverso di vedere, la percezione si apre all’inspiegabile, si accede al luogo della quiete, dove potesse coricarsi. Il luogo della poesia è così costituito, luogo della distensione , luogo della contemplazione, e, fissando il mare in basso, si è distanti, si avverte la lontananza dalle cose, e mentre la poesia all’inizio era là, ora è il mondo ad essere là, le posizioni si sono scambiate, si sta dalla parte della poesia. Attraverso l’atto creativo, l’atto poetico, l’immaginare, si passa dal mondo alla poesia, la vicinanza si trasforma in lontananza e la lontananza in vicinanza. Dopo tanto respirare, ricordare, ricomporre, spostare, trovare, arrivare, scoprire, coricarsi, fissare, infine si riconosce quanto di più familiare la sua casa unica e solitaria. Ora la realtà di sempre a distanza è vista in modo completo, dall’alto e da lontano, attraverso la poesia si vede e si riconosce il consueto, la poesia crea la possibilità di trovare la poesia nel quotidiano. 

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